IL GIORNO PRIMA

20 Onniasantu 2011
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(IlMinuto) – Cagliari, 20 novembre – “Fenomeni persecutori di determinate categorie di persone basati sul fanatismo ideologico e su un presunto pericolo sociale atto a scatenare il panico, per cui si giunge a negare i normali diritti di difesa agli accusati e ad avere scarsa considerazione della loro reale colpevolezza o innocenza”. Con queste parole l’enciclopedia libera Wikipedia descrive la moderna accezione di “caccia alle streghe”. Una definizione che calza a pennello con la vicenda che ha coinvolto Bruno Bellomonte, il dirigente di a Manca pro d’Indipendentzia in galera dall’11 giugno 2009 con l’accusa di avere partecipato a un tentativo di ricostruzione del brigatismo rosso in vista del G8 della Maddalena. Domani – o al più tardi mercoledì - sarà pronunciata la sentenza della Corte d’Assise di Roma. Qualunque sarà la decisione il parere della redazione del Minuto sulla vicenda non cambierà. L’ascolto – grazie alla registrazione audio del processo fatta da Radio Radicale – delle arringhe dei pubblici ministeri è stato un argomento di difesa persino più convincente degli efficaci e documentati interventi degli avvocati di Bellomonte, Gianfranco Sollai e Simonetta Crisci. Agli elementi inconsistenti presentati dalla accusa a carico del dirigente di aMpI in apertura dell’udienza - frequenti viaggi a Roma (!), l’intercettazione di una conversazione con Luigi Fallico al ristorante la Suburra di Roma e un numero di telefono di Fallico in un calzino – nulla di concreto si è aggiunto. L’ipotesi del progetto di assalto tramite aeromodellini radiocomandati ai capi di stato dei G8 che si sarebbero dovuti riunire a la Maddalena nel 2009 è il frutto di ricostruzioni molto fantasiose. Si pensi solo che i modellini di aereo non sono mai stati trovati. “La Polizia – ha scritto qualche mese fa la Nuova Sardegna - si è limitata ad assumere informazioni sulle potenzialità di un modellino telecomandato in un negozio specializzato, senza specificare il nome del titolare e soprattutto senza alcun conforto tecnico sulla fattibilità di un’operazione del genere”. Tradotto in italiano: non c’è alcuna prova al riguardo. E tutte le testimonianze sono concordi: nei mesi precedenti l’arresto Bruno Bellomonte era impegnato al 100 per cento nell'organizzazione del controvertice delle nazioni senza stato. Anche l’accusa ha riconosciuto – non ha potuto non riconoscere – l’impegno di Bellomonte come militante anticolonialista e sindacalista. Il pubblico ministero ha quindi dipinto un Bellomonte “Dr. Jekyll e Mr. Hide”, scisso fra l’impegno alla luce del sole come indipendentista e comunista sardo e quello da “cattivo maestro” delle nuove Br in Italia. Il ricorso fatto dalla pubblica accusa al paragone col personaggio del romanzo scritto da Robert Louis Stevenson nell 1886 non è solo una offesa alla onestà di Bellomonte. E’ in sé l’ammissione che il Bruno Bellomonte conosciuto per decenni di militanza nel movimento operaio, fondatore e tra i principali dirigenti di aMpI, non corrisponde per nulla al Bellomonte stratega delle nuove Br. Per sostenere il castello di carte dell’accusa c’è bisogno di inventare un altro Bruno Bellomonte, un Bellomonte diverso da quello reale, da quello che tutti conoscono. Un Bellomonte che non esiste. Un altro particolare è rivelatore: nella intercettazione ambientale della chiacchierata alla Suburra Fallico – dicembre 2008 - rivela a Bellomonte i suoi progetti per le vacanze estive 2009: passare ben tre mesi a Cuba. E’ credibile pensare che il capo di una organizzazione terroristica – niente di meno che le nuove Br - che punta a colpire i capi di stato delle principali potenze capitalistiche mondiali riuniti in Sardegna nel luglio 2009 decida di programmare nello stesso mese una lunga vacanza nella terra di Fidel Castro? La risposta ai lettori. Fallico non potrà certo comunque chiarire ulteriormente la vicenda. Luigi Fallico, infatti, è morto in una cella del carcere di Viterbo il 23 maggio 2011, senza essere ricoverato nonostante avesse da almeno sei giorni – 144 ore – i sintomi dell’infarto. Un episodio che più voci hanno definito senza esitazioni “omicidio di stato”. Fatti che sono stati ricordati ieri mattina a Cagliari in occasione del sit in di solidarietà organizzato dal Comitato lavoratori pro Bellomonte. Manifestazione a cui hanno partecipato numerosi rappresentanti di forze politiche, associazioni, collettivi, sindacati di base solidali col dirigente di aMpI. E andrà avanti sino alla pronuncia della sentenza lo sciopero della fame in solidarietà a Bellomonte promosso da Nicola Giua dei Cobas scuola, con l’adesione di Antonello Tiddia, Antonella Piras e - domani - di Mariella Setzu. La catena della solidarietà non si spezza, ma si allarga e compone di nuovi anelli, nonostante le ultime notizie sul caso Arcadia. Sviluppi che difficilmente possono essere considerati semplici coincidenze: venerdì 18 novembre - a pochi giorni dalla sentenza e a pochissime ore dal sit in - arriva dritta sulle pagine dei quotidiani sardi la notizia della richiesta di rinvio a giudizio contro 18 persone per la operazione Arcadia, dopo cinque – C I N Q U E – anni di indagini. Fra queste persone, molti militanti storici di A Manca pro s’Indipendentzia e anche il leader del sindacato indipendentista Sindacadu de sa Natzione sarda. A leggere alcuni degli articoli pubblicati verrebbe quasi da ridere, se non si trattasse invece di una vicenda che coinvolge quasi venti persone e i loro familiari, amici e compagni. A leggere certi titoli vengono purtroppo in mente le false prime pagine pubblicate nel 1978 dalla rivista satirica “Il male”, che titolava "I capi delle Brigate Rosse sono Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi". Ma quella era satira. Se nelle pagine dei principali quotidiani sardi è stato possibile leggere in merito solo quanto diramato dalla Direzione distrettuale anti-terrorismo, nessuno per ora ha pensato a dare la parola agli indagati, i loro nomi sono stati ancora una volta stampati sulle pagine dei giornali senza preoccuparsi delle conseguenze. Per questo motivo la redazione del Minuto ha deciso di pubblicare qui di seguito integralmente i comunicati di aMpI e del Sincadadu de sa Natzione Sarda, facendo una eccezione rispetto alla usuale linea editoriale della testata.

Il Comunicato di a Manca pro s’indipendentzia (18 novembre):

“Difendiamo la democrazia!A pochi giorni dalla sentenza contro l’indipendentista prigioniero Bruno Bellomonte arriva la notizia della richiesta di rinvio a giudizio contro 18 persone per la famigerata operazione Arcadia. Fra questi, molti militanti storici di A Manca pro s’Indipendentzia.

Coincidenza? Difficile crederlo dopo 5 anni di silenzio. In realtà comincia ad emergere in tutti i suoi punti il teorema contro l’indipendentismo, ovvero una delle più grandi operazioni coloniali dopo la repressione dei moti angioyani.

A Manca pro s'Indipendentzia s'impegna a difendere la democrazia e il diritto alla militanza indipendentista, s'impegna a denunciare con tutte le sue forze la caccia alle streghe dello stato italiano e la campagna maccartista che ne sta seguendo.

A Manca pro s’Indipendentzia fa appello al sangue freddo di tutto il mondo indipendentista e invita a non rispondere alla provocazione messa in atto.

A Manca pro s'Indipendentzia continuerà a svolgere il suo quotidiano ed instancabile lavoro politico per combattere gli effetti disastrosi del colonialismo italiano sulla nostra terra e seguirà con la serietà e la determinazione di sempre il cammino intrapreso per una società sarda libera ed egualitaria.

Direttivo Politico Nazionale

A Manca pro s'Indipendentzia

Il comunicato de Su Sindacadu de sa Natzione Sarda (18 novembre)

E’ di queste ore la notizia della richiesta di rinvio a giudizio del nostro compagno Angelo Marras, indicato dai PM come “capo fondatore” di non si capisce bene quale sigla eversiva.

E’ chiarissimo l’intento, da parte degli inquirenti, di tentare di giustificare anni di indagini costosissime e che non hanno prodotto altro che clamorosi buchi nell’acqua.

E’ altrettanto chiara la matrice fascista dell’attacco anche ai compagni di A Manca pro s’Indipendentzia, rei di perseguire, attraverso procedure democratiche, l’affrancamento della terra Sarda dal giogo colonialista italiano.

Su Sindacadu de sa Natzione Sarda esprime tutta la sua solidarietà ai compagni coinvolti in questa grottesca vicenda e si augura che anche gli altri movimenti indipendentisti facciano quadrato solidale intorno ai compagni sulla cui testa pende la richiesta di rinvio a giudizio da parte di pubblici ministeri che, anzichè occuparsi dei reali problemi della giustizia (leggasi gli scempi costieri condotti dalle multinazionali), inventano teoremi per giustificare i costi sostenuti nelle loro campagne diffamatorie a danno del movimento indipendentista Sardo.



La Direzione de Su Sindacadu de sa Natzione Sarda
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