Il sardo non è un dialetto. Lo stabilisce la Corte Costituzionale

6 Austu 2013
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(IlMinuto) - Cagliari 6 agosto - E' datata 18 luglio 2013 la sentenza n. 215 con cui la Corte Costituzionale rende dignità alle diverse minoranze linguistiche presenti nel territorio dello Stato italiano, non rendendo pertanto applicabile la relazione tecnica dell'art. 14 comma 16 del decreto legge n. 95, datata 6 luglio 2012, con cui il Governo Monti introduceva una distinzione tra minoranze linguistiche di serie A, quelle "di lingua madre straniera", e minoranze di serie B. Queste ultime, tra cui "il friulano, l'occitano e il sardo", in spregio alla legge 482/99 dello Stato Italiano, venivano definite "particolari dialetti".
La sentenza giunge a seguito del ricorso presentato dall'amministrazione regionale del Friuli Venezia Giulia.
Di seguito pubblichiamo una lettera inviata alla nostra Redazione dal professor Arturo Ribecco, portavoce dei docenti dell'IIS liceo SC.+IPA "Bachelet" di Spezzano Albanese (CS) che chiarisce la questione.

Con la sentenza numero 215, depositata il 18 luglio, la Corte Costituzionale è finalmente intervenuta sull’articolo 19, comma 5, del decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011 (decreto legge sulla revisione della spesa pubblica) chiarendo a quanti ancora non l’avessero capito che la comunità di lingua friulana è una delle minoranze linguistiche storiche riconosciute dalla Repubblica italiana la cui tutela discende direttamente dall’articolo 6 della Costituzione e non una minoranza di serie B.



Da dove nasceva la questione? In pratica, intervenendo in materia di “razionalizzazione della spesa relativa all’organizzazione scolastica”, l’allora Governo Monti aveva deciso di ridurre l’interpretazione del concetto di “aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche” a quello di aree “nelle quali siano presenti minoranze di lingua madre straniera”.



Un intervento apparentemente di natura tecnica, ma che nelle sostanza introduceva un’aberrazione linguistica, storica e giuridica che creava minoranze linguistiche di serie A (quelle “di lingua madre straniera”) e di serie B (quelle che la Relazione Tecnica che accompagnava il decreto legge definiva, in spregio alla legge statale 482/99, dei “particolari dialetti” tra cui citava esplicitamente “il friulano, l’occitano e il sardo”).



In occasione della conversione in legge di tale decreto avevamo invitato l’Amministrazione regionale del Friuli – Venezia Giulia a intervenire presso la Corte Costituzionale se il Governo italiano non avesse cancellato tale aberrazione e oggi, a poco più di un anno di distanza, possiamo leggere la sentenza della Consulta che così recita “La norma impugnata attribuisce alla definizione di «aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche» una portata indiscutibilmente limitativa […] infatti, nel conferire a tale previsione il significato di aree «nelle quali siano presenti minoranze di lingua madre straniera», il legislatore statale determina una rilevante contrazione dell’àmbito applicativo della precedente disposizione […] la qual cosa determina una non giustificata discriminazione della lingua e della comunità friulana.”Il concetto ci sembra abbastanza chiaro e ci auguriamo possa evitare nuovi episodi di discriminazione nei confronti dei friulani (ma anche dei sardi, degli occitani, ecc.).

Non possiamo però non chiederci come sia possibile che, in un paese che si definisce civile e democratico, ci si trovi ancora a dover ricorrere alla Corte Costituzionale per affermare quelle che dovrebbero essere ormai delle ovvietà.



Il problema è purtroppo molto più profondo e infatti, a oltre un decennio dalla sua approvazione, non solo buona parte di quanto previsto dalla legge 482/99 sulla tutela delle minoranze linguistiche rimane lettera morta, ma i suoi stessi principi di base continuano ad essere ignorati da molti politici, amministratori, funzionari e anche giornalisti italiani.



C’è allora da chiedersi quando la Repubblica italiana riuscirà davvero a riconoscere pienamente la propria diversità linguistica e nazionale? A tale domanda però, neppure la Consulta può dare una risposta.
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