Teatro di guerra. La Ciociara di Annibale Ruccello al Teatro Massimo di Cagliari

2 Arbili 2011
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(IlMinuto) – Cagliari, 2 aprile – Annibale Ruccello se ne andò dalla scena del mondo in un settembre ancora caldo di circa vent'anni fa. Quello che egli scrisse, tuttavia, continua a godere di un'ottima salute e a non perdere niente della forza e del fascino che aveva al momento della composizione. Come in uno strepitoso congegno affabulatorio, i grandi miti della cultura novecentesca finiscono per coesistere in un unico universo. Non c'è spettacolo di Ruccello in cui questa complicata alchimia di mezzi espressivi non si riproduca. Proust, Genet, Strindberg, Pasolini, De Roberto, Tomasi di Lampedusa stanno insieme con Patricia Highsmith e con i film noir, si integrano senza forzature con la suspense alla Dario Argento, dialogano con Mina e con Lucio Battisti, con gli spettacoli trash della televisione piu' becera e con Raffaella Carra'. Questo teatro raffinato, intellettuale e colto, che sa usare la parola con maestria, è anche, simultaneamente, un sapiente congegno di storie, una macchina di tragici enigmi, che avvince lo spettatore e gli fa vivere un'avventura emozionante e struggente.
La scommessa di Annibale Ruccello sembra essere stata precisamente questa: diventare moderno attraverso strategie narrative che conservano il fascino di un antico racconto o la malia ipnotica di una fiaba nera. Esattamente come i suoi personaggi, che difendono un sogno di purezza nel buio spaventoso del tempo che li ingoia.
Non ha d'altra parte affermato Gombrowicz che i personaggi della modernita' sono "maschere d'operetta che celano il volto dell'umanita' insanguinato da un dolore”.
Lo stesso sguardo - dolente e insieme appassionato - rivive nella riduzione de La Ciociara di Alberto Moravia, che Ruccello pubblicò nel 1985: testo profetico, spaccato vivido dei nostri giorni che la sapiente regia di Roberta Torre - regista poliedrica e sensibile - restituisce oggi ai teatri.
Donatella Finocchiaro, intensa interprete, è quella Cesira che la Loren rese memorabile nel capolavoro di De Sica e che le valse l’Oscar.
I pezzi di un mondo rimasto fino ad un attimo prima in ordine e che un attimo dopo vengono portati via dal vento profanatore della Guerra: essa è intesa da Ruccello in senso lato, trascende la storia e diventa, nella sua dimensione atemporale, stupro dell’umanità intera.
Di quella guerra rimangono, oggi, una madre e una figlia, che sulla scena, litigano per l’acquisto di un televisore. A dominare la storia sono infatti i fantasmi; fantasmi della brama di possedere oggetti di consumo come può essere una macchina o un televisore.
Cesira non è più sul ciglio della strada, tra le polveri della guerra, a chiedere giustizia per lo stupro della  figlia: la violenza l’ha trasformata in maniera subdola in una donna che vive in una quotidiana e ovattata banalità.
La vera violenza è questa apparente e tranquilla normalità che la messa in scena restituisce in una sapiente combinazione di immagini che fanno interagire teatro e cinema. Pochi oggetti sulla scena e una scatola magica di proiezioni interiori e non solo: la visione dell’acqua piovana che arriva a lavare il mondo esterno ma non a lavare il dolore, la sofferenza, la solitudine interiore è realizzata con la proiezione di video su pareti di fondo che, riempiendo il palco intero, contribuisce ad amplificare il sentimento di alienazione dei personaggi in una dimensione spettrale, fantasmagorica.
Non serve il fantasma di Michele – Daniele Russo - il sognatore, l’idealista, l’intellettuale che dovrebbe  risvegliare le coscienze. Con la sua morte per mano dei tedeschi che l’hanno preso al posto di suo padre, ha accettato il fallimento della sua rivoluzione sociale, consapevole, però, di dare un contributo per un mondo migliore.
La Ciociara chiude con la Stagione di prosa 2010-2011 organizzata dal Cedac Sardegna. Lo spettacolo rimarrà al Teatro Massimo di Cagliari fino a domani.
V.V.
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