“Come suggerire un concetto”: i media sardi parlano dell'Operazione Arcadia
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(IlMinuto) - Cagliari, 20 marzo - “E' diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui, ed è loro OBBLIGO INDEROGABILE il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli eventuali errori [...]”. Così recita l'articolo 2 della Legge n. 69/1963 dell'Ordinamento della professione di giornalista.
Dire la verità è dunque il compito morale di chi fa informazione, perché, si sa, i giornali sono strumenti di opinione, e concorrono a formare un'opinione pubblica democratica. Eppure, ieri abbiamo assistito a un vero e proprio bollettino di guerra, un processo mediatico, un taglia e cuci di nomi, parole e immagini contro i 18 indagati dell'Operazione Arcadia. Nel mirino soprattutto la sinistra indipendentista sarda. Parole e immagini degne concorrenti del film di Marco Bellocchio “Sbatti il mostro in prima pagina”.
Si tratta di una storia già vista, e lasciamo libera interpretazione al lettore su quali siano le finalità di questo tipo d'informazione, invitandolo a entrare nel sito ufficiale di a Manca pro s'Indipendentzia per valutare da sé l'attività politica che l'organizzazione indipendentista svolge e ha sempre svolto alla luce del sole, affiancando il popolo sardo nelle sue numerose battaglie di sopravvivenza e dignità. Un montaggio, quello passato ieri in tv, in cui immagini di passamontagna, armi e soldi costruiscono una “narrazione” dandone un preciso significato e creando un senso, inteso come direzione, percorso, descrizione di un'azione e del suo progredire, così che, come afferma Donald Richard DeLillo nel suo romanzo Underworld, “[...] continui a guardare. Guardi perché questa è la natura del filmato, creare un percorso obbligato nel tempo, dare la forma e un destino alle cose”. Un quadro, quello dipinto, che si cimenta in una campagna di terrore che falsifica la realtà, dal momento che nulla di quanto mostrato nelle immagini video è mai stato rinvenuto dalle indagini: né armi, né passamontagna, né soldi, né quant'altro emerso dalla rassegna stampa di ieri 19 marzo 2013. Un lavoro di sartoria meticoloso, un taglia e cuci che va avanti dal 2006, quando nel mese di luglio 10 militanti di a Manca pro s'Indipendentzia furono sbattuti in galera con l'accusa di associazione sovversiva. Furono 54 le perquisizioni eseguite dalle forze di polizia. Ieri il pm Paolo De Angelis, dopo ben 7 anni dall'operazione, nell'udienza preliminare davanti al Gup Giuseppe Pintori ha confermato la richiesta di rinvio a giudizio per tutti i 18 imputati, artefici, secondo il pm, di una serie di attentati avvenuti dal 2002 al 2004 e rivendicati dai Nuclei proletari per il comunismo (Npc) e dall'Organizzazione indipendentista rivoluzionaria (Oir). Una nota stonata, un TEOREMA tutto da dimostrare, quello che investe la vita delle 18 persone sotto accusa.
Il processo riprenderà il 23 aprile prossimo.
S.P.
Dire la verità è dunque il compito morale di chi fa informazione, perché, si sa, i giornali sono strumenti di opinione, e concorrono a formare un'opinione pubblica democratica. Eppure, ieri abbiamo assistito a un vero e proprio bollettino di guerra, un processo mediatico, un taglia e cuci di nomi, parole e immagini contro i 18 indagati dell'Operazione Arcadia. Nel mirino soprattutto la sinistra indipendentista sarda. Parole e immagini degne concorrenti del film di Marco Bellocchio “Sbatti il mostro in prima pagina”.
Si tratta di una storia già vista, e lasciamo libera interpretazione al lettore su quali siano le finalità di questo tipo d'informazione, invitandolo a entrare nel sito ufficiale di a Manca pro s'Indipendentzia per valutare da sé l'attività politica che l'organizzazione indipendentista svolge e ha sempre svolto alla luce del sole, affiancando il popolo sardo nelle sue numerose battaglie di sopravvivenza e dignità. Un montaggio, quello passato ieri in tv, in cui immagini di passamontagna, armi e soldi costruiscono una “narrazione” dandone un preciso significato e creando un senso, inteso come direzione, percorso, descrizione di un'azione e del suo progredire, così che, come afferma Donald Richard DeLillo nel suo romanzo Underworld, “[...] continui a guardare. Guardi perché questa è la natura del filmato, creare un percorso obbligato nel tempo, dare la forma e un destino alle cose”. Un quadro, quello dipinto, che si cimenta in una campagna di terrore che falsifica la realtà, dal momento che nulla di quanto mostrato nelle immagini video è mai stato rinvenuto dalle indagini: né armi, né passamontagna, né soldi, né quant'altro emerso dalla rassegna stampa di ieri 19 marzo 2013. Un lavoro di sartoria meticoloso, un taglia e cuci che va avanti dal 2006, quando nel mese di luglio 10 militanti di a Manca pro s'Indipendentzia furono sbattuti in galera con l'accusa di associazione sovversiva. Furono 54 le perquisizioni eseguite dalle forze di polizia. Ieri il pm Paolo De Angelis, dopo ben 7 anni dall'operazione, nell'udienza preliminare davanti al Gup Giuseppe Pintori ha confermato la richiesta di rinvio a giudizio per tutti i 18 imputati, artefici, secondo il pm, di una serie di attentati avvenuti dal 2002 al 2004 e rivendicati dai Nuclei proletari per il comunismo (Npc) e dall'Organizzazione indipendentista rivoluzionaria (Oir). Una nota stonata, un TEOREMA tutto da dimostrare, quello che investe la vita delle 18 persone sotto accusa.
Il processo riprenderà il 23 aprile prossimo.
S.P.
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