Manifesto d’Intenti dei Comitati Sardi InRETE

24 Marzo 2014
La storia recente della Sardegna è quella di un territorio costellato di progetti economicicalati dall'alto e dall'esterno, progetti i cui benefici restano in capo alle lobbies economico-finanziarie che li propongono, laddove i costi di tali progetti sono invece scaricati sulla collettività, attraverso gli incentivi economici, i danni ambientali, sociali ed economici da essi causati. Si tratta di un meccanismo collaudato che si ripete da decenni e lascia dietro di sé un tessuto economico incapace di provvedere autonomamente alle proprie necessità, comunità sfilacciate, costrette ancora oggi a vedere le energie più fresche allontanarsi alla ricerca di quelle possibilità che una progettualità ad uso e consumo di pochi ha cancellato; un paesaggio ferito da interventi decontestualizzati e privi di qualsiasi relazione con l'ambiente circostante e l’economia locale, un territorio privato delle competenze e delle popolazioni che ne garantiscano la tenuta e l'assetto.Le rovine lasciate da decenni di gestione dissennata del territorio sono sotto gli occhi di tutti: altissimi livelli di disoccupazione, povertà, disagio sociale, spopolamento, abbandono delle campagne, dissesto idrogeologico, sottrazione di estensioni vastissime di territorio per usi militari e industriali - con annesso inquinamento che si ripercuote sulla salute pubblica - accaparramento di vastissime zone a vocazione agricola in tutta la Sardegna con il pretesto della produzione di energia da fonti rinnovabili o assimilate, veicolate da una disastrosa politica di incentivi statali (Cip6, Conto Energia, Certificati Verdi etc.), che ha fomentato pure e semplici operazioni di carattere speculativo. Questo è lo scenario con il quale si deve confrontare chi ancora vuole ostinarsi a vivere in Sardegna, nonostante tutto.

È in questo quadro così delineato - che, senza la complicità della classe politica e amministrativa e a comportamenti complici della società sarda, non si sarebbe mai potuto comporre - che nasce l'esigenza da parte delle popolazioni di reagire, rinsaldare le comunità e strutturare una linea di difesa nei confronti dell'aggressione incessante verso il territorio. I Comitati spontanei che nascono in ogni luogo della Sardegna, pur con diverse forme organizzative ed obiettivi, sono accomunati dalla necessità di ricostruire le comunità per poter immaginare un futuro, di resistere ad un uso del territorio che emargina chi quel territorio lo abita, costringendolo a vivere da straniero in casa propria o ad emigrare.

Purtroppo l'opposizione dei singoli Comitati, da sola, spesso non basta. Sono troppo forti gli interessi che investono le singole comunità: interessi di grosse aziende nazionali e multinazionali, in grado di relazionarsi direttamente ai diversi livelli di governo sovranazionale, statale e regionale, e perciò in grado di avere la meglio sulle ragioni di popolazioni la cui voce spesso non arriva oltre il livello regionale, e anche a quel livello trova interlocutori poco interessati al territorio e al rispetto delle prerogative di una Regione a Statuto Speciale, quale è la Sardegna.

Si fa quindi impellente la necessità di unire le voci, le competenze, la passione dei diversi Comitati locali, per porsi all'altezza delle controparti in modo da imporre il rispetto per le comunità, i loro diritti, le loro esigenze e la loro progettazione del territorio, per spezzare il senso d'impotenza su cui marciano gli speculatori, e così riprendere in mano il proprio destino.

Il perseguimento di tale obiettivo ha spinto diversi Comitati e Associazioni provenienti da ogni parte della Sardegna a mettersi InRete, per condividere le esperienze, le conoscenze e le competenze, per dare forza alle istanze che rappresentano la loro stessa ragione di esistenza, per sostenersi vicendevolmente nelle difficilissime battaglie che conducono in difesa del proprio territorio.

I Comitati e le Associazioni InRete intendono proporre un modello di organizzazione sociale incentrato sui diritti collettivi e sulle esigenze delle popolazioni locali, impegnandosi nel contempo a ricostruire un senso di comunità e appartenenza che si ripercuota nella cura del territorio e nella consapevolezza che il bene collettivo è un valore superiore all'interesse individuale, che il bene delle generazioni future non può essere compromesso dall'egoismo e l'irresponsabilità delle generazioni attuali, che non vi può essere benessere senza rispetto per l'ambiente e le comunità.
Un territorio abbandonato è terra di conquista per operazioni speculative totalmente irresponsabili e prive di alcun orizzonte futuro, operazioni che lasciano il territorio impoverito e fragile; i Comitati, pur impegnandosi contro singoli interventi specifici, portano in sé l'intento implicito di porre fine a questa spirale di espropriazione, di abbandono dei territori e privatizzazione dei beni comuni che sta condannando intere comunità alla perdita d'identità, e alla conseguente scomparsa.

I Comitati Sardi InRete intendono porsi dinnanzi alla politica istituzionale in maniera pragmatica: obbiettivo dei Comitati non è ottenere adesione o contiguità da un singolo partito o da una parte politica, delegando ad altri la propria rappresentanza, ma porre le proprie istanze al di là e al di sopra del dibattito politico tra schieramenti, badando solo al perseguimento delle istanze di base che rappresenta e massimizzando la partecipazione politica delle comunità, a scapito della logica deresponsabilizzante della delega.

I Comitati Sardi InRete fondano il motivo d'esistenza della propria unione nel perseguimento di una serie di obiettivi primari, i quali saranno oggetto nei prossimi mesi di campagne e documenti di approfondimento, di seguito brevemente riassunti per punti:

Questione energetica. Ottenere una moratoria sugli impianti industriali di produzione di energia da fonti fossili e da fonti rinnovabili in fase di approvazione o di costruzione (eolico, fotovoltaico, termodinamico, biomassa, idrocarburi, geotermico, stoccaggio di CO2 ecc.), fino all’approvazione di un Piano Energetico e Ambientale Regionale redatto con un coinvolgimento attivo e partecipato delle comunità locali, a questo scopo va completamente rimesso in discussione il piano adottato frettolosamente e silenziosamente dalla Giunta Cappellacci, in scadenza di mandato, appena un mese fa.
Fare in modo che il nuovo Piano Energetico preveda:

a. una produzione di energia elettrica commisurata alle reali esigenze delle nostre comunità;

b. un azzeramento totale nel più breve tempo possibile del ricorso alle fonti fossili e degli impianti che producono energia attraverso il processo di combustione;
c. una produzione energetica sostenibile da fonti rinnovabili ovvero il ricorso a fonti rinnovabili non combustibili distribuite sul territorio, con particolare attenzione agli usi domestici, alle aree produttive e alle piccole imprese, nell'ottica dell'autoconsumo e dell'autonomia energetica.

A tal fine si rende dunque necessario realizzare una rete di distribuzione elettrica intelligente (Smart Grid) indirizzata all'armonizzazione di produzione e consumo e al risparmio energetico. Occorre, inoltre, scoraggiare la realizzazione di megaimpianti superiori a 1 MW, in modo da evitare il monopolio della produzione energetica, l'accaparramento e il consumo di territorio e bloccare qualsiasi tipo di trivellazione, a terra come al largo delle coste. Parallelamente, è necessario implementare e riattivare l'uso delle centrali idro-elettriche per integrare e valorizzare la produzione di energia da fonti rinnovabili. Propedeutico ai fini di una regolamentazione del sistema di produzione energetica è inoltre il censimento e la verifica degli interventi autorizzati, anche di quelli inferiori ad 1 Megawatt, ma comunque di natura industriale (non integrati sui tetti di capannoni o abitazioni preesistenti), per i quali non è prevista la procedura di valutazione d'impatto ambientale.

Rifiuti. Ottenere la sospensione di tutte le autorizzazioni in itinere per nuovi impianti di incenerimento e combustione di rifiuti o per l'implementazione di quelli esistenti e la loro progressiva dismissione. La redazione di un nuovo Piano di Gestione dei Rifiuti che persegua l'obiettivo “Rifiuti zero” attraverso:
a. la valorizzazione del recupero di tutta la materia post-consumo (secco compreso) a scapito della produzione di energia ottenuta con la combustione dei rifiuti;
b. il potenziamento della raccolta differenziata e, di pari passo, l'adeguamento qualitativo e quantitativo degli impianti finalizzati al recupero della materia e la realizzazione di Centri riciclo a chiusura di tutto il ciclo di materiali post-consumo in loco;
c. la conseguente predisposizione di un programma di nuova occupazione attraverso il riutilizzo, il riciclo, il recupero e la riprogettazione industriale di beni e di prodotti decostruibili e riciclabili;
d. il divieto di importazione in Sardegna sia di rifiuti urbani sia di rifiuti pericolosi.

Piano Agronomico. Predisporre un Piano Agronomico Regionale per il rilancio e l’incentivazione dell’agricoltura, sia come attività fondamentale per immaginare un futuro economico della Sardegna, sia per ricostruire un presidio e una salvaguardia del territorio di cui si sente drammaticamente il bisogno; un Piano che dedichi attenzione alle piccole e medie aziende e alle attività agricole volte a creare valide aspettative nelle giovani generazioni, e che si ponga come obiettivo primario la filiera chiusa (produzione, trasformazione e vendita), per abbattere una dipendenza dalle importazioni che in prospettiva potrebbe mettere in dubbio la sicurezza alimentare dei sardi (l’85% dei consumi agroalimentari è importato, in un contesto di crescenti turbolenze sui mercati internazionali), creare nuovi posti di lavoro e affermare il diritto delle comunità alla sovranità alimentare.

Poligoni militari. Ottenere la chiusura delle basi militari e la restituzione degli ampi spazi sottratti alle comunità per le attività militari che hanno gravemente compromesso la salubrità dell'ambiente esponendo le popolazioni ad alti rischi sanitari, riportando così la titolarità di questi territori nelle mani dei legittimi comuni affinché si possano sviluppare attività radicate nella cultura locale e consone alle caratteristiche ambientali del territorio e riconvertendo a questo fine le strutture e le figure occupazionali.

Bonifiche. Ottenere l'immediata bonifica di tutti i siti inquinati da attività militari e industriali - pregresse o ancora attive - attraverso l'applicazione del principio “chi inquina paga” e dei vigenti Accordi di programma stipulati da Stato e Regione. Con circa 445.000 ettari (1/6 della superficie dell'isola) di territorio contaminato dai veleni industriali, già definiti Siti d'interesse nazionale (S.I.N) a causa della contaminazione delle matrici ambientali (aria, acqua, suolo e sottosuolo), la Sardegna è una delle Regioni più inquinate d'Italia. Per questo motivo occorre predisporre un Piano di monitoraggio sanitario e ambientale che affronti in modo specifico i temi della salvaguardia ambientale e della salute, nonchè istituire un Registro dei Tumori e un Registro delle Malattie Rare che coprano l'intero territorio sardo: come, infatti, dimostrano numerosi studi (IARC, S.e.n.t.i.e.r.i e Mutagenesis), in Sardegna è in atto una pandemia silenziosa causata dagli elevati tassi d'inquinamento ambientale.

Paesaggio e Territorio. “Il Paesaggio svolge importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale e costituisce una risorsa favorevole all'attività economica e che, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro”. L'attuale disordine nel quale versa il territorio, maltrattato e depredato, richiede misure urgenti in materia di contrasto del dissesto idrogeologico, che si esemplificano in una pianificazione efficiente ed efficace a scala di bacino idrografico, alla quale consegue un freno al consumo del suolo per fini edificatori/urbanistici o speculazioni sulle fonti di energia rinnovabile e i combustibili fossili. Molti strumenti di governo del territorio e del paesaggio, seppur esistenti, sono spesso disattesi, o manipolati al punto da pregiudicare, su scala regionale, la sicurezza delle popolazioni, nonché a generare una sempre più vasta compromissione delle matrici ambientali (acqua, suolo, aria). A tal proposito urge che vengano riposizionate e perfezionate le tutele rimosse con modifiche improprie al vigente Piano Paesaggistico Regionale.

Partecipazione. Il rispetto della Convenzione di Aarhus, Convenzione UN/CE sottoscritta dalla Comunità Europea, Direttiva 2003/35/CE, e delle varie Convenzioni sottoscritte, a livello europeo e internazionale, sull'accesso alle informazioni e la partecipazione ai processi decisionali inerenti l'assetto territoriale da parte dei singoli cittadini e delle comunità coinvolte. Il rispetto delle prerogative e delle competenze degli enti locali, messe sempre più in discussione dalle tendenze accentratrici dell'esecutivo e dallo strangolamento finanziario operato attraverso il meccanismo del patto di stabilità.

21 marzo 2014

I Comitati Sardi InRete

Per contatti e informazioni scrivere a comitatisardiinrete@gmail.com

Elenco dei comitati e delle associazioni che hanno finora sottoscritto il Manifesto d'Intenti:

Associazione Progetto Comune - Villacidro
Associazione Rimettiamo Radici - Fluminimaggiore
Centro Pangea - Porto Torres
Collettivo Carraxu
Comitato AcquaBeneComune di Planargia e Montiferro
Comitato Basso Campidano Aria Terra Acqua
Comitato Civico per la Salute - Simaxis
Comitato Gettiamo le Basi
Comitato No al Progetto Eleonora - Arborea§
Comitato No al Termodinamico - Cossoine
Comitato No Galsi
Comitato No Megacentrale - Guspini
Comitato No Progetto Cuglieri - Seneghe
Comitato No Trivelle Sardegna
Comitato No TrivelPaby - Pabillonis
Comitato per la Tutela e lo Sviluppo di Torregrande - Oristano
Comitato Sa Nuxedda Free - Vallermosa
Comitato S'Arrieddu per Narbolia
Comitato Terra che ci Appartiene - Gonnosfanadiga
Comitato Terrasana - Decimoputzu
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