Rinnovabili, la proposta di legge dei Comitati

Inviata al Consiglio regionale, al presidente della Giunta e agli assessori della Regione autonoma della Sardegna
8 Ladàminis 2023
14 settembre

In data odierna il Coordinamento dei Comitati territoriali sardi contro la speculazione energetica ha inviato al Consiglio regionale, al presidente della Giunta e agli assessori della Regione autonoma della Sardegna la sua Proposta di legge di moratoria e atto di indirizzo politico sulla realizzazione di impianti di produzione da fonti rinnovabili (F.E.R.) di grande taglia. «La proposta - affermano - nasce dal confronto che i Comitati hanno avuto in questi mesi con comunità e amministrazioni e intende cogliere la transizione energetica come nuova possibilità di sviluppo e progresso per la Sardegna, rendendo le comunità locali e i cittadini protagonisti del loro futuro». Qui di seguito il testo.


 

PROPOSTA DI LEGGE DI MORATORIA E ATTO DI INDIRIZZO POLITICO SULLA REALIZZAZIONE DI IMPIANTI DI PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI (F.E.R.) DI GRANDE TAGLIA

Allegato A

Premessa

Le richieste di connessione alla rete elettrica Sarda presentate a TERNA per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile al 30 giugno 2023 hanno raggiunto l’impressionante numero di 718, per una potenza complessiva di 56,08 GW, così suddivisa: 21,01 GW fotovoltaico; 15,07 GW eolico onshore; 20,00 GW eolico offshore. Tale valore supera di oltre 7 volte e mezzo i 7,45 GW previsti dalla ripartizione su base regionale del FF551 (l’obiettivo UE di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030) e oltre 9 volte i 6 GW previsti dall’annunciato decreto del ministro Pichetto Fratin sulle aree idonee e non. Nell’ipotesi che tutti questi impianti venissero autorizzati e realizzati si avrebbe in Sardegna una nuova potenza disponibile da FER di 56 GW, capace di produrre oltre 100 TWh/anno, a fronte di un attuale fabbisogno Elettrico per l’isola di poco superiore ai 9 TWh/anno: dodici volte tanto! Una quantità di energia tecnicamente non assorbibile dalla malconcia rete elettrica sarda, e tantomeno esportabile anche se si tenesse conto del Tyrrhenian Link, recentemente approvato senza condivisione con le comunità locali. Preliminarmente all’autorizzazione di ulteriori impianti di produzione, sarebbe indispensabile predisporre un serio piano di investimenti per l’adeguamento della rete in cui siano resi espliciti obbiettivi e cronoprogramma delle attività così da avere una chiara prospettiva di sviluppo e gli adeguati e indispensabili margini di sicurezza per tutta la comunità sarda.

Considerato che la potenza istantanea mediamente richiesta dalle utenze sarde è inferiore ai 1.000 MW (con punte di 1.400 in casi del tutto eccezionali), appare abbastanza chiaro che, nel caso in cui venissero approvati e realizzati tutti i 718 impianti per i quali è stata richiesta la connessione a TERNA per una potenza complessiva di 56,8 GW, l’esubero sarebbe di oltre 50.000 MW! Una disponibilità di energia eccessiva, che andrebbe sprecata, in quanto non utilizzabile in Sardegna, tantomeno potrebbe essere trasferita ad altre regioni oppure accumulata.

Il fabbisogno energetico elettrico

Le informazioni ricavate dal sito Terna evidenziano i seguenti dati. Nell’anno 2022 la Sardegna ha prodotto 13.395,3 GWh di energia elettrica per un consumo di appena 8.112,4 GWh. A fronte di un sistema di trasmissione locale con una rete non adeguatamente magliata ed ampiamente insufficiente, la Sardegna da diversi anni produce un esubero energetico con picchi superiori al 30% destinati ad aumentare costantemente, sia per il continuo e indiscriminato proliferare di nuovi impianti, sia per la continua contrazione dei consumi conseguenza della crisi industriale.

I tre obiettivi imposti all’Italia dalla UE con il pacchetto per il clima e l’energia 2020, poi a cascata alla Sardegna tramite il burden sharing, sono stati raggiuti con largo anticipo ed ampiamente superati. Ma c’è di più. Considerata l’attuale incidenza di oltre il 40% di energia elettrica da FER sui consumi elettrici effettivi e gli obiettivi fissati da PNIEC e PEARS in materia di contenimento energetico e produzione diffusa, sarà possibile conseguire in breve termine l’obiettivo della parity green rispetto all’attuale consumo elettrico regionale.

La Giunta Regionale infatti con Delibera n. 5/1 del 28/01/2016 ha adottato il nuovo Piano Energetico ed Ambientale della Regione Sardegna 2015-2030 che tra gli altri obiettivi promuove l’autoconsumo istantaneo fissando nella percentuale del 50% il limite inferiore di autoconsumo istantaneo per ciascun distretto per la pianificazione di nuove infrastrutture di generazione di energia elettrica. Viene esclusa la possibilità di realizzare impianti di produzione energetica di grandi dimensioni proprio per favorire la produzione diffusa. In sintesi, si intende porre fine in tal modo alla speculazione energetica sul suolo sardo da parte delle multinazionali ed incentivare l’autoconsumo.

Rete elettrica sarda

In un percorso di transizione energetica che preveda la quasi totale elettrificazione dei consumi, è fin troppo ovvia la necessità di una rete elettrica adeguata, oltre, naturalmente, a sistemi di gestione e accumulo per abbattere i picchi di richiesta ed evitare così pericolosi carichi che mettano a rischio la salute e la vita stessa dei cittadini, sistemi ancor più indispensabili in un contesto parzialmente isolato come quello sardo. Le FER per loro specifica natura sono caratterizzate da variabilità e non programmabilità. Pertanto, senza importanti investimenti utili a rinforzare, adeguare e mettere in sicurezza la rete elettrica, appare persino dissennato permettere un incremento così consistente degli impianti di produzione da FER i quali non farebbero altro che amplificare le inefficienze e ulteriormente, sbilanciare, mettere in crisi e finanche collassare la già precaria rete elettrica sarda. Preliminarmente all’autorizzazione di ulteriori impianti di produzione, sarebbe indispensabile un serio piano di investimenti e un cronoprogramma delle attività comprensivi anche delle nuove installazioni FER e delle dismissioni degli impianti climalteranti, così da avere una chiara prospettiva di sviluppo e gli adeguati e indispensabili margini di sicurezza per tutta la comunità sarda. Una moratoria delle autorizzazioni degli impianti di produzione di energia insieme ad una contestuale programmazione degli interventi sulla rete di trasmissione interna all’isola, offrirebbe maggiori garanzie di stabilizzazione della rete oltre ad assicurare un’accelerazione delle connessioni dei nuovi impianti. Infatti, l’abnorme numero di richieste di preventivi di connessione (56 GW!) e la loro disorganica dislocazione sul territorio, non consente un tempestivo adeguamento della rete elettrica e una sua razionale gestione, rallentando i tempi di connessione.


 

Tyrrhenian link

Il previsto doppio cavo marino di collegamento tra Sicilia, Sardegna e la penisola italiana e potenza di 1000 MW, ha sulla carta la funzione di migliorare lo scambio elettrico, favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili e l’affidabilità della rete. Di fatto, però, questo grande progetto strategico, si inserisce in un quadro infrastrutturale che, come descritto precedentemente, è carente sotto molteplici aspetti e corre il rischio concreto di venir meno ad almeno due delle sue 3 funzioni fondamentali: il miglioramento dello scambio elettrico e l’affidabilità della rete. Vi è da rimarcare, inoltre, come la prevista consultazione pubblica si è svolta senza la partecipazione delle comunità interessate che non hanno avuto modo di essere informate e coinvolte, come dovuto, nello sviluppo del progetto. Aspetto non meno grave riguarda la localizzazione della stazione di conversione, la cui ubicazione, invece che in area industriale, come d’altronde indicato nella proposta progettuale, è prevista ora in area agricola, identificata a rischio alluvionale e su cui insistono attività produttive di pregio e evidenze archeologiche. La stessa società Terna, infatti, contravvenendo ai suoi impegni, aveva teso a sottolineare che “la localizzazione delle opere è stata sviluppata tenendo in considerazione i seguenti input progettuali:

1. riduzione dell’uso del suolo prediligendo aree già edificate e/o ad oggi inutilizzate/abbandonate;

2. diminuzione dell’impatto ambientale volgendo l’attenzione verso i centri urbani e dando priorità ad aree ad uso industriale;

[…]

6. riduzione dell’impatto visivo, tramite la valutazione delle interferenze con elementi ricettori sensibili (abitazioni/costruzioni civili nel raggio di 50-200 metri);

7. riduzione dell’impatto ambientale, tramite l’individuazione di aree che consentano una razionalizzazione dei movimenti terra;

[…]”

L’opera, è bene ricordarlo, prevede l’occupazione di una superficie di 60.000 metri quadri con tanto di edifici dedicati di altezza fino a 22 metri, comportando con ciò anche problematiche di natura paesaggistica, e apparecchiature in corrente alternata e continua funzionali al loro esercizio.

Assenza di programmazione e di pianificazione

I dati numerici evidenziano la totale assenza di una seria pianificazione e governance in un settore così delicato e complesso per le implicazioni di carattere ambientale sociale ed economico quale quello dell’energia. Ulteriore conferma di questo colpevole laissez-faire è data da un Piano energetico regionale della Sardegna fermo al 2015 e mai aggiornato nelle sue parti più significative e la mancata attuazione dei contenuti della legge delega nazionale n. 53 del 22 aprile 2021 e del D.lvo 199/2021 che impongono l’individuazione dei siti idonei e non idonei. Pur nell’ambito di una discutibile assenza di governance è possibile evidenziare l’incoerenza dei progetti ad oggi proposti con gli strumenti di programmazione ancora in itinere.

In particolare:

- La tutela ambientale

La Regione Sardegna, in sintonia con l’Europa, ritiene di particolare importanza la tutela ambientale, territoriale e paesaggistica, pertanto, gli interventi sul Sistema Energetico Regionale devono essere concepiti in modo da minimizzare l’alterazione ambientale e paesaggistica. In coerenza con questa impostazione tutti gli impianti di conversione di energia, inclusi gli impianti di captazione di energia eolica, fotovoltaica e solare aventi estensione considerevole per la produzione di potenza elettrica a scala industriale, dovrebbero essere localizzati in siti già compromessi e preferibilmente in aree industriali esistenti e comunque in coerenza con il Piano Paesaggistico Regionale (PPR). La stessa taglia degli impianti dovrebbe essere oggetto di valutazione in quanto al crescere delle dimensioni aumenta esponenzialmente l’impatto paesaggistico e l’area geografica interessata.

Pertanto, appare chiaro che, essendo mutati gli scenari e gli obbiettivi rispetto al PEARS attualmente in vigore, esso vada integralmente ripensato e riscritto, in condivisione con le comunità locali, anche in un’ottica di snellimento effettivo dei tempi della transizione energetica.

Cumulabilità degli impatti

Nei numerosi progetti finora presentati in Regione e al Ministero, non vengono mai tenuti in considerazione gli effetti cumulativi, a scala locale e, più in generale, a livello regionale, nei confronti del paesaggio e dell’ambiente. Va peraltro evidenziato che a scala vasta il moltiplicarsi di impianti industriali per la produzione di energia elettrica da FER, localizzati esclusivamente in funzione delle condizioni ambientali favorevoli, rischia di provocare nel più ampio contesto regionale una trasformazione paesaggistica irreversibile e soprattutto inimmaginabile. Considerata pertanto la concentrazione e la numerosità degli impianti proposti, sarebbe d’obbligo, non solo in fase di VIA ma prioritariamente a livello di programmazione, gli effetti cumulativi degli impatti ambientali e paesaggistici generati dall’insieme dei nuovi impianti da FER a scala regionale. Si rende pertanto imprescindibile da parte della Regione la propedeutica redazione di uno Studio di impatto ambientale di carattere olistico che tenga conto di tutti i progetti esistenti e di quelli in fase autorizzativa per consentire una valutazione delle criticità ambientali e paesaggistiche, commisurate alle risorse ambientali disponibili ed agli effetti negativi indotti da una così elevata concentrazione impiantistica.

Salvaguardia del patrimonio agricolo

Le aree individuate dai progetti, spesso comprendono aree con storica vocazione agricola e forestale in cui si svolgono forme di allevamento estensivo che si alternano tra pascoli e seminativi. Elemento di rilevanza ai fini della sicurezza ambientale ed antropica diventa pertanto la tutela e la difesa di queste aree rurali rispetto al fenomeno “incendio”. Risulta infatti rilevante considerare come la presenza di impianti eolici di grossa taglia, con altezze all’apice della pala fin oltre i 200 metri, possano, in caso di incendio, interferire determinando una interdizione dei mezzi di soccorso e intervento aereo.

Alterazione del mercato dei terreni

La corsa sfrenata all’accaparramento di terre per la realizzazione di impianti fotovoltaici ed eolici con proposte di affitto o di acquisto pari anche a oltre 10 volte il valore corrente praticato per uso agricolo, sta alterando il mercato ed escludendo da esso coloro che hanno esigenze di impiego per pascolo o attività primarie. Questa situazione può ingenerare anche l’ampliamento artificioso ed abnorme delle zone industriali al solo scopo di aggirare le normative e permettere un percorso autorizzativo facilitato e rapido. Già ora sono numerosi i terreni interessati da progetti di fotovoltaico all’interno di aree industriali in superfici in realtà ancora destinate a uso agricolo.

Impatto ambientale

Una distribuzione disorganizzata e fuori controllo di parchi fotovoltaici ed eolici può generare una serie di problemi sia nell'ambiente sia nella società. Di seguito sono elencati alcuni dei principali problemi associati a questa situazione:

- La costruzione di parchi fotovoltaici ed eolici su vasta scala comporta la distruzione di habitat naturali preziosi. Questo minaccia la biodiversità locale, mettendo in pericolo specie vegetali e animali.

- La compattazione del suolo e la messa in ombra da parte dei pannelli solari alterano le caratteristiche del terreno e influiscono sulla crescita della vegetazione circostante.

Secondo il rapporto SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) "Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici Edizione 2021", presentato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale) il 14 Luglio 2021, relativamente a ‘Transizione ecologica e fotovoltaico’: al 2020 il consumo di suolo continua all’insostenibile ritmo di oltre 50 chilometri quadrati l’anno a causa dell’assenza di interventi normativi efficaci o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale. “Solo in Sardegna sono stati ricoperti più di un milione di mq di suolo, il 58% del totale nazionale dell’ultimo anno. E si prevede un aumento al 2030 compreso tra i 200 e i 400 kmq di nuove installazioni a terra che invece potrebbero essere realizzate su edifici esistenti. Il suolo perso in un anno a causa dell’installazione di questa tipologia di impianti sfiora i 180 ettari.”

Se continuasse l’attuale tendenza anche nel periodo di attività del Recovery Fund (2021 e il 2026), il danno potenziale derivante dalla perdita di servizi ecosistemici a carico delle prossime generazioni produrrebbe una spesa pubblica figurativa che potrebbe arrivare a sfiorare i 17 miliardi di euro, corrispondenti al 7-8% dei fondi UE per il post-Covid. In termini complessivi il costo del consumo di suolo in Italia sarebbe compreso “tra gli 81 e i 99 miliardi di euro, in pratica la metà del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Questo è “quello che l’Italia potrebbe essere costretta a sostenere a causa della perdita dei servizi ecosistemici dovuta al consumo di suolo tra il 2012 e il 2030. Se la velocità di copertura artificiale rimanesse quella di 2 mq al secondo registrata nel 2020.” Inoltre, “Dal 2012 ad oggi il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155 mila quintali di prodotti agricoli, l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana (che ora scorrono in superficie aumentando la pericolosità idraulica dei nostri territori) e lo stoccaggio di quasi tre milioni di tonnellate di carbonio, l’equivalente di oltre un milione di macchine in più circolanti nello stesso periodo per un totale di più di 90 miliardi di km”. (Presentazione del Rapporto "Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2021" — Italiano (isprambiente.gov.it))

Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il Governo si è impegnato ad approvare una legge nazionale sul consumo di suolo in conformità agli obiettivi europei, che affermi i principi fondamentali di riuso, rigenerazione urbana e limitazione del consumo dello stesso, sostenendo con misure positive il futuro dell’edilizia e la tutela e la valorizzazione dell’attività agricola. Una legge per fornire un contributo fondamentale per affrontare le grandi sfide poste dai cambiamenti climatici, dal dissesto idrogeologico, dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, dal diffuso degrado del territorio, del paesaggio e dell’ecosistema. Ma di questo impegno non rimane traccia nei diversi provvedimenti messi in atto negli ultimi tempi. L’ISPRA offre tutto il materiale necessario per operare le corrette valutazioni ma rimane tuttora un organo inascoltato.

La nostra completa ignoranza sulla biodiversità dei suoli urbani è una minaccia ben maggiore della stessa urbanizzazione”, denuncia la FAO (Soil biodiversity, dic. 2020, p. 201). Mentre l’Agenzia Ambientale Europea lamenta le persistenti lacune conoscitive sul suolo (Segnali EEA 2019, p. 8) da parte di chi governa ai vari livelli istituzionali.

- Le turbine eoliche e alcune infrastrutture associate ai parchi fotovoltaici generano inquinamento acustico, soprattutto a bassa frequenza, con ricadute negative al benessere animale di allevamento ma anche disturbo nella vita quotidiana delle persone che vivono e lavorano nelle vicinanze.

Relativamente all’eolico a mare, non sono chiare, invece, le conseguenze per la fauna marina (vedi anche le rotte dei tonni) e i volatili, inclusi animali notturni come i pipistrelli, a causa del rumore e del pericolo rappresentato per i volatili dal movimento di rotazione delle pale la cui dimensione, ricordiamo, può arrivare fino a 310 metri di diametro per un’altezza del mozzo dell’aerogeneratore fino a 177 metri e altezza complessiva di 332 metri. Gli aerogeneratori devono essere ancorati al fondo marino, direttamente o tramite catene, con effetti di interferenza sulle correnti marine e la deposizione dei sedimenti. Inoltre, non viene preso in adeguata considerazione l’impatto che l’insieme degli aerogeneratori in progetto in tutta l’Isola avrebbe sui volatili migratori. L’effetto selva generato dalle migliaia di aerogeneratori previsti dai progetti in itinere costituirebbe un’invalicabile barriera fisica per le rotte migratorie di volatili tra Africa ed Europa di cui la Sardegna costituisce una tappa di passaggio imprescindibile. Al riguardo, la Corte dei conti Europea ha recentemente (Special Report 22/2023) evidenziato diverse criticità riguardo le procedure finora utilizzate dalla Commissione e dagli Stati Membri per l’eolico Off Shore, e, in particolare ritiene che non siano state valutate le implicazioni socioeconomiche e la sostenibilità ambientale relative all’utilizzo di tale fonte.

In sintesi, una distribuzione disorganizzata e fuori controllo di parchi fotovoltaici ed eolici determinerebbe una incontrollabile serie di problemi ambientali, sociali ed economici. È pertanto essenziale che la pianificazione e la gestione di tali impianti siano svolte in modo oculato, coinvolgendo le comunità locali e considerando attentamente l'impatto sia sull'ambiente che sulla società.

Impatto paesaggistico e Contrasto con le disposizioni del Piano Paesaggistico Regionale

È utile richiamare la definizione di paesaggio dell’art. 1 della Convenzione del paesaggio sottoscritta dall’Italia nel 2006 e divenuta legge italiana n. 14 gennaio del 2006. "Paesaggio" designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Tale concezione del paesaggio è transitata nel Codice dei BBCC (D.lgs 42/2004) ed è stata assunta a base per la redazione del Piano Paesaggistico Regionale della Sardegna del 2006. I progetti ad oggi proposti spesso violano sia sotto l’aspetto progettuale che sotto il profilo attuativo tale principio. Infatti, le metodologie solitamente utilizzate per descrivere gli interventi di realizzazione di impianti eolici possono al più restituire l’idea di un panorama osservato da un singolo e fuorviante punto di vista, arbitrariamente individuato, non certo rendere le emozioni di un osservatore che esperisce il territorio. Appare pertanto facilmente comprensibile il forte impatto visivo conseguente all’installazione di aerogeneratori di grande taglia. Occorre dunque ritornare al dettato letterale della Convenzione, che pone in relazione diretta la componente ambientale con quella antropica e quindi culturale.

Gli impianti sono in palese contrasto con gli articoli 25, 26, 27, 28, 29 e 30 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del PPR che dettano prescrizioni e indirizzi per le aree ad utilizzazione agro-forestale e vietano “gli interventi edilizi o di modificazione del suolo ed ogni altro intervento, uso od attività suscettibile di pregiudicare la struttura, la stabilità o la funzionalità ecosistemica o la fruibilità paesaggistica…”.

La realizzazione degli impianti industriali finora proposti viola tutte le prescrizioni imposte dal PPR rischiando di alterare i caratteri percettivi del contesto paesaggistico in cui verrebbero realizzati. La presenza di enormi torri eoliche installate in maniera scriteriata depaupera di fatto la struttura dei quadri paesaggistici godibili. La presenza di impianti industriali per la produzione di energia elettrica ha un’incidenza negativa di particolare rilievo in riferimento ai siti che ospitano beni d’interesse storico-culturali sui quali incombono in maniera insostenibile, sia da un punto di vista della percezione, sia per l'alterazione di quel “paesaggio culturale” unione inscindibile dell'opera dell'uomo con un contesto agricolo retaggio di millenni.

Vale infine ricordare che le prescrizioni del PPR prevalgono sui piani, programmi e progetti nazionali e regionali.

Riduzione in pristino dell’area

È necessario stabilire dei criteri oggettivi per eseguire una valutazione economica attendibile degli impatti ambientali e paesaggistici che conseguirebbero alla realizzazione di un numero così spropositato di impianti. In tale importante contesto agro-pastorale come quello sardo, gli interventi in fase di autorizzazione, finirebbero per compromettere in maniera irreversibile l’economia primaria locale, impedendo la transizione a quella economia circolare che dovrebbe essere il principale obiettivo in contesti socioeconomici altrimenti votati all’estinzione.

Il capitale naturale risulterebbe fortemente depauperato sia dalla realizzazione degli impianti, sia per l’inevitabile irreversibilità degli interventi. Una volta dismessi gli impianti e recuperati i materiali utili, una consistente parte di quanto realizzato resterà in situ. Non vi sono obblighi normativi in tal senso e dalle stesse proposte progettuali presentate dalle numerose società non si riscontrano piani di ripristino ambientale dell’area e di riutilizzo dei materiali derivanti dalla demolizione delle opere in calcestruzzo. Di fatto un’integrale reductio in pristinum ad una situazione green field ante operam dei luoghi non risulta non solo esplicitata e valutata in maniera accurata, ma di fatto nemmeno attuabile.

Le recenti normative sulle FER

L’art. 5 della legge 22 aprile 2021 n. 53 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020), riproposto dall’art. 20 del D.Lgs. 199 del 15.12.2021, introduce rilevanti innovazioni nel quadro normativo che regolamenta le FER. Nell’ambito dell’esercizio della delega per l’attuazione della Direttiva (UE) 2018/2001 vengono infatti fissati nuovi principi e direttive sulla promozione dell’uso delle FER.

In particolare, i criteri specifici a cui attenersi vengono poi così precisati:

- Disciplina intesa individuare le aree idonee all’installazione delle FER per il raggiungimento degli obiettivi PNIEC.

- Processo programmatorio di individuazione a carico delle Regioni da definirsi in un arco temporale di 6 mesi. - Nella “individuazione delle superfici e delle are idonee e non idonee” devono essere “rispettati i principi della minimizzazione degli impatti sull’ambiente, sul territorio e sul paesaggio…”.

In questo caso, sono evidenti le gravi conseguenze sull’ambiente, sul paesaggio e sulla struttura economica e sociale del territorio nel caso in cui le previsioni di tutte le nuove installazioni di impianti FER dovesse essere attuata.

Vincoli

Ove è chiaro che il rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione di nuovi impianti implica l’acquisizione dei diritti per lo sfruttamento dell’energia solare ed eolica, è invece abbastanza incerto cosa accade in termini di diritto di svolgere attività o realizzare infrastrutture in prossimità degli impianti che, a giudizio delle società proprietarie degli impianti eolici e fotovoltaici, possano arrecare disturbo alle stesse. Allo stesso modo, per l’eolico a mare, vi sono da chiarire gli aspetti relativi ai diritti di pesca e navigazione e per lo svolgimento di altri tipi di attività nelle aree di concessione.

Dipendenze

La fuoriuscita dal fossile ha per la Sardegna il duplice scopo di limitare le emissioni inquinanti e climalteranti e dall’altro di liberarci da rischiose dipendenze in un attuale contesto di instabilità geopolitica generale. Già oggi in Sardegna paghiamo il prezzo di una situazione di grave compromissione di ampie porzioni della nostra isola a causa della presenza delle servitù militari, delle pregresse attività minerarie, degli insediamenti industriali, alcuni dei quali ancora in attività, e della presenza di tre principali centrali a combustibile fossile il cui impatto sull’ambiente e sulla salute dei sardi lascia ancora oggi alla Sardegna il triste primato di una delle regioni in Europa a maggior impronta di carbonio. La transizione ecologica ed energetica, anche mediante l’eliminazione dei fossili a vantaggio delle rinnovabili, rappresenta, d’altro canto, anche una preziosa e unica occasione per giungere alla democratizzazione della produzione e distribuzione elettrica. Quanto sta capitando ora, per contro, con un assalto intenso e irrefrenabile alle nostre più preziose risorse, siano esse il sole e il vento, così come le nostre terre e il nostro paesaggio, rappresenta una nuova e la più grande forma di colonizzazione subita finora, un grave pericolo anche per il nostro stesso futuro da cui dobbiamo difenderci con grande determinazione. Perdere oggi il controllo della produzione elettrica e, al contempo, della nostra terra e del nostro mare, a vantaggio esclusivo di spregiudicati speculatori, significa perdere un’occasione storica per il riscatto politico e sociale della nostra autonomia, significa imboccare la strada senza ritorno di una irrecuperabile marginalizzazione, significa negare a noi stessi ed alle generazioni che ci seguiranno il diritto ad una transizione realmente ecologica, equa e sostenibile. La Sardegna ha estrema necessità di un articolato piano strategico in cui vengano ridefiniti gli obbiettivi in funzione delle nostre reali esigenze e in sintonia con l’ambiente e la natura. Un piano strategico in cui il piano energetico sia a esso funzionale, e non viceversa; un piano strategico, ovvero, in cui gli obiettivi di produzione e consumo energetico siano diretta conseguenza dei piani agricolo, industriale, dei trasporti, del settore civile e del terziario. Non vi è pertanto altra strada che la sospensione di tutte le autorizzazioni in corso affinché si possa mettere a punto un piano energetico con la cura necessaria.

Metanizzazione e dorsale del metano

Il prezzo del metano negli ultimi anni ha subito delle oscillazioni incontrollate a causa dell’incremento della domanda e dalla volatilità dei prezzi nel fluttuante mercato a breve termine. La metanizzazione è un investimento costoso, del valore di diversi miliardi di euro, non garantisce risparmi agli utilizzatori e, al pari degli altri fossili, è anch’esso climalterante. In Sardegna, come testimonia la stessa relazione progettuale presentata dalla Snam per la realizzazione della dorsale (pagina 45, capitolo 5.2, Analisi monetaria, Valutazione dei benefici), sono ipotizzabili, al più, vantaggi economici marginali e non tali, comunque, da giustificare investimenti di questa portata. Come confermato da numerosi studi scientifici, inoltre, il metano è un potente gas fossile climalterante con un effetto circa 80 volte superiore all’anidride carbonica nei primi 20 anni dall’emissione e di 28 volte su un periodo di 100 anni.

La normativa UE recepita dallo Stato italiano prevede una transizione energetica con la progressiva riduzione dell'utilizzo delle fonti fossili, tra queste anche il metano. Legarsi al metano significa aumentare ulteriormente le dipendenze verso Paesi e mercati instabili in un momento in cui è invece necessario lavorare all'indipendenza energetica. È anacronistico pensare di realizzare in Sardegna dorsali e/o rigassificatori di grande taglia, in un’ipotesi di rapida dismissione nel rispetto delle norme che accompagnano la transizione energetica. È fin troppo ovvio che gli investimenti per la metanizzazione sono a scapito di una vera transizione rinnovabile.

Conclusioni

Le strategie nazionali e internazionali delineate per ridurre le emissioni climalteranti derivanti in primo luogo dall'uso dei combustibili fossili, finalizzate a contenere i devastanti effetti dei cambiamenti climatici sono essenzialmente basate sull'incremento dell'efficienza energetica, sul risparmio energetico, l’autoproduzione e l’incentivazione dei prosumers e su un maggior ricorso alle fonti rinnovabili e l'elettrificazione diretta o indiretta degli usi finali dell'energia.

Affinché queste azioni siano economicamente e socialmente sostenibili non possono contrapporsi alle attività esistenti nei territori, o sostituirsi alle aziende e imprese che operano in maniera responsabile, devono anzi favorire la nascita di economie che valorizzino il contesto culturale, economico e sociale del territorio, senza comprometterne la fruizione, la bellezza e il bene culturale rappresentato dal paesaggio.

Di conseguenza, è necessario attivare politiche energetiche che contemperino la necessità di salvaguardia del territorio e di prosperità per le persone. In questo contesto appare fondamentale l'inclusione e la condivisione delle scelte a livello territoriale dove la transizione energetica ha un ruolo fondamentale per favorire l'implementazione di nuovi modelli economici ed energetici. Concretizzare in Sardegna l'attuazione della transizione energetica richiede una politica in grado di valorizzare e supportare le iniziative delle comunità e dei cittadini autoproduttori, sostenere la loro azione di prosumers e di imprenditori responsabili, favorendo lo sviluppo di un ecosistema dell'innovazione rispettoso delle comunità locali.

Come continuamente rimarcato, pur nella consapevolezza della necessità di dotarci di adeguati impianti FER per affrontare la transizione energetica, non possiamo non rivendicare il diritto alla co-programmazione e co-progettazione che siano ispirati ad un principio di collaborazione tra soggetto proponente e pubbliche amministrazioni e cittadini. A tale scopo, Regioni ed enti locali devono poter adottare propri atti normativi o amministrativi per rendere più adeguati al proprio contesto territoriale e sociale progetti di tale tipologia e adeguare i propri strumenti di programmazione e di progettazione.

Impianti industriali come quelli proposti e in numero così elevato rappresentano un freno a tale auspicato percorso. La vocazione agricola, nella sua ricaduta paesaggistica, sociale e culturale costituisce uno dei caratteri peculiari del paesaggio sardo e ne determina la prospettiva di sviluppo indirizzandola alle produzioni eno-agro alimentari di pregio e quelle attività che da tale settore deriverebbero come indotto diretto o indiretto: servizi, produzione alimentare, turismo etc. La realizzazione di impianti industriali di notevoli dimensioni comporta una sottrazione insostenibile di risorse per l’economia dei territori. Risorse materiali, quali la manomissione e distruzione dei segni dell'organizzazione agraria come i percorsi di penetrazione, tracce dell'edificato storico etc., e risorse immateriali, direttamente collegabili al consumo del suolo e ad un suo sfruttamento svincolato da una strategia di sviluppo locale partecipato e sostenibile. Generalizzando i maggiori fattori di criticità̀ riguardano l'estensione delle opere, la dimensione dei componenti, nonché́ la loro “durata”. Inoltre, appare del tutto insensato permettere che progetti di tale portata per la violenza degli impatti di natura sociale, economica, ambientale e paesaggistica, si avvalgano della sopraffazione dell’esproprio per pubblica utilità, eludendo in tal modo il diritto alla proprietà ed escludendo le comunità interessate da ogni forma di partecipazione ai processi decisionali.

Considerato dunque che il PEARS risulta in parte superato dagli obiettivi della successiva programmazione europea e italiana in materia di contrasto alle emissioni climalteranti, appare indispensabile procedere una nuova e aggiornata elaborazione dello stesso, secondo i seguenti obiettivi:

- Risparmio ed efficientamento energetico, con interventi di eliminazione degli sprechi e riduzione drastica dei consumi nei settori a maggiore incidenza: civile, industria, agricoltura e allevamento, trasporti, turismo, terziari.

- Verifica fabbisogno nuova produzione FER

- Impianti di produzione e di accumulo distribuiti nei territori in base ai consumi storici (veri e propri distretti energetici territoriali);

- Adeguamento rete di trasmissione sarda e piano accumuli;

- Cronoprogramma delle nuove installazioni FER e contestuali dismissioni impianti fossili.

Nell’attesa di tale necessario atto di programmazione appare ineludibile la necessità di procedere alla approvazione di una legge regionale che preveda una moratoria a effetto immediato dei procedimenti autorizzativi attualmente in corso per qualsiasi tipo di impianto e infrastruttura per la produzione e lo stoccaggio di energia elettrica da fonti rinnovabili (FER), per gli impianti e le infrastrutture per lo stoccaggio, la distribuzione e la produzione di energia elettrica da fonti fossili, e per la realizzazione di reti di trasmissione. Sono da escludersi i procedimenti relativi alle comunità energetiche, agli agrisolari, agli impianti per autoconsumo, scambio sul posto e agli impianti di produzione da FER la cui potenza complessiva sia inferiore a 1MW, ovvero per gli aerogeneratori la cui potenza singola sia inferiore a 250 kW e la potenza complessiva dell’impianto eolico inferiore a 1 MW, per gli impianti fotovoltaici di potenza fino a 1 MW e comunque, nel caso di superficie agricola, per una quota complessiva inferiore al 5% del totale. Tale moratoria ha lo scopo di recepire e non vanificare l’azione programmatoria delle normative europee e nazionali recenti ed in itinere e avrà applicazione fino all’adozione del nuovo piano energetico e ambientale con legge regionale da redigersi con il pieno coinvolgimento delle comunità e degli enti e autonomie locali della Sardegna.

Proposta di Legge

Considerati i dettati costituzionali agli artt.

- 9: La Repubblica “Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.

- 41: “L'iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

- 117 “Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: […] produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia;

[…]

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.


Visto lo Statuto della Regione Autonoma della Sardegna agli artt.

- 3: “…la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie: …

d) agricoltura e foreste; piccole bonifiche e opere di miglioramento agrario e fondiario…

f) edilizia e urbanistica;

l) esercizio dei diritti demaniali della Regione sulle acque pubbliche;”

- 4: “…la Regione emana norme legislative sulle seguenti materie:

[…]

e) produzione e distribuzione dell'energia elettrica;

-51: “Il Consiglio regionale può presentare alle Camere voti e proposte di legge su materie che interessano la Regione.

La Giunta regionale, quando constati che l'applicazione di una legge o di un provvedimento dello Stato in materia economica o finanziaria risulti manifestamente dannosa all'Isola, può chiederne la sospensione al Governo della Repubblica, il quale, constatata la necessità e l'urgenza, può provvedervi, ove occorra, a norma dell'art. 77 della Costituzione.

Considerato che

La Convenzione Europea del Paesaggio all’Art. 5– Provvedimenti generali, così recita:

Ogni Parte si impegna a:

a) riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di via delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità;

b) stabilire e attuare politiche paesaggistiche volte alla salvaguardia, alla gestione e alla pianificazione dei paesaggi tramite l'adozione delle misure specifiche di cui al seguente articolo 6;

c) avviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorità locali e regionali e degli altri soggetti coinvolti nella definizione e nella realizzazione delle politiche paesaggistiche menzionate al precedente capoverso b;

d) integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio, urbanistiche e in quelle a carattere culturale, ambientale, agricolo, sociale ed economico, nonché nelle altre politiche che possono avere un'incidenza diretta o indiretta sul paesaggio.

Considerato che

Secondo la Convenzione di Aarhus (Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l'accesso alla giustizia in materia ambientale) agli artt.:

- 6 Partecipazione del pubblico alle decisioni relativa ad attività specifiche

1. Ciascuna Parte:

a) applica le disposizioni del presente articolo alle decisioni relative all'autorizzazione delle attività elencate nell'allegato I2;

b) in conformità del proprio diritto nazionale, applica inoltre le disposizioni del presente articolo alle decisioni relative ad attività non elencate nell'allegato I che possano avere effetti significativi sull'ambiente. A tal fine le Parti stabiliscono se l'attività proposta è soggetta a tali disposizioni; e

2. Il pubblico interessato è informato nella fase iniziale del processo decisionale in materia ambientale in modo adeguato, tempestivo ed efficace, mediante pubblici avvisi o individualmente. […]

- 7 Partecipazione del pubblico a piani, programmi e politiche in materia ambientale

Ciascuna Parte stabilisce le disposizioni pratiche e/o le altre disposizioni atte a consentire al pubblico di partecipare all'elaborazione di piani e programmi in materia ambientale in un quadro trasparente ed equo, dopo avergli fornito le informazioni necessarie. A tal fine si applicano i paragrafi 3, 4 ed 8 dell'articolo 6. L'autorità pubblica competente individua il pubblico ammesso a partecipare, tenendo conto degli obiettivi della presente convenzione. Nella misura opportuna, ciascuna Parte si adopera per consentire al pubblico di partecipare all'elaborazione delle politiche in materia ambientale.

- 8 Partecipazione del pubblico all’elaborazione di regolamenti di attuazione e/o strumenti normativi giuridicamente vincolanti di applicazione generale

Ciascuna Parte si sforza di promuovere, in una fase adeguata e quando tutte le alternative sono ancora praticabili, l'effettiva partecipazione del pubblico all'elaborazione, ad opera delle autorità pubbliche, di regolamenti di attuazione e altre norme giuridicamente vincolanti di applicazione generale che possano avere effetti significativi sull'ambiente. A tal fine occorre adottare le seguenti misure:

a) fissare termini sufficienti per consentire l'effettiva partecipazione;

b) pubblicare le proposte legislative o renderle accessibili al pubblico in altro modo;

c) consentire al pubblico di formulare osservazioni direttamente o per il tramite di organi consultivi rappresentativi.

I risultati della partecipazione del pubblico sono presi in considerazione nella misura più ampia possibile.

Vista

La legge 9 gennaio 2006, n.14 di Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio) all’Art. 133.

Considerato che

La Legge 22 aprile 2021, n. 53, all’Art. 5, così recita: “…il Governo osserva, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge n. 234 del 2012, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:

a)prevedere, previa intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,… una disciplina per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, nonché delle specifiche competenze dei Ministeri per i beni e le attività culturali e per il turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, e aree non utilizzabili per altri scopi, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilità delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonché tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete stessa. A tal fine sono osservati, in particolare, i seguenti indirizzi:

1) la disciplina è volta a definire criteri per l'individuazione di aree idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili. A tal fine, la disciplina reca inoltre criteri per la ripartizione fra regioni e province autonome e prevede misure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in corso che risultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti preesistenti, rispetto a quelli definiti dalla presente lettera;

2) il processo programmatorio di individuazione delle aree idonee è effettuato da ciascuna regione o provincia autonoma in attuazione della disciplina di cui al numero 1) entro sei mesi. Nel caso di mancata adozione, è prevista l'applicazione dell'articolo 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 234…

Nella “individuazione delle superfici e delle are idonee e non idonee” devono essere “rispettati i principi della minimizzazione degli impatti sull’ambiente, sul territorio e sul paesaggio…”.

Considerato inoltre che

Il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili. (21G00214), all’art. 23 detta le procedure autorizzative per impianti off-shore e per l’individuazione aree idonee comma 2

2. Nel rispetto delle esigenze di tutela dell'ecosistema marino e costiero, dello svolgimento dell'attività di pesca, del patrimonio culturale e del paesaggio, nell'ambito della completa individuazione delle aree idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile off-shore, sono considerate tali le aree individuate per la produzione di energie rinnovabili dal Piano di gestione dello spazio marittimo produzione di energia da fonti rinnovabili ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 17 ottobre 2016 n. 201, e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1 dicembre 2017, recante "Approvazione delle linee guida contenenti gli indirizzi e i criteri per la predisposizione dei piani di gestione dello spazio marittimo", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.19 del 24 gennaio 2018. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto si provvede all'adozione del piano di cui al periodo precedente con le modalita' di cui all'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 17 ottobre 2016 n. 201.

Piano di gestione dello spazio marittimo attualmente in fase di Valutazione Ambientale Strategica.

Richiamato integralmente

Il Dlgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio),

Considerato che

L’art. 1 della Convenzione del paesaggio sottoscritta dall’Italia nel 2006 e divenuta legge italiana n. 14 gennaio del 2006, così recita: ””Paesaggio" designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Tale concezione del paesaggio è transitata nel Codice dei BBCC (D.lgs 42/2004) ed è stata assunta a base per la redazione del Piano Paesaggistico Regionale della Sardegna del 2006.

Visto il

decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Testo Unico in materia ambientale)

Vista la

Legge Regionale 25 novembre 2004, N°8 (Piano Paesaggistico Regionale)

Considerato che

Ci troviamo di fronte a casi eccezionali che turbano il normale svolgimento dei rapporti economici e sociali a seguito della abnorme richiesta di autorizzazioni per la produzione di energia elettrica da fonte eolica e fotovoltaica, in ragione dell'impatto negativo rispetto all’ambiente, al paesaggio, all'assetto idrogeologico, al consumo di suolo agricolo e al danno al patrimonio archeologico e culturale.

Considerato che

Nei casi in cui la taglia degli aerogeneratori fosse quella riscontrata nella maggior parte dei progetti sinora presentati a VIA regionale o statale (200 metri e oltre), le operazioni antincendio e la tutela dell'avifauna potrebbero essere compromesse.

Considerato che

La Corte dei conti Europea ha recentemente (Special Report 22/2023) evidenziato diverse criticità riguardo le procedure finora utilizzate dalla Commissione e dagli Stati Membri riguardo l’eolico Off Shore, e, in particolare ritiene che non siano state valutate le implicazioni socioeconomiche e la sostenibilità ambientale relative all’utilizzo di tale fonte.

Verificato che

la RAS ha finanziato con notevoli risorse comunitarie, nazionali e regionali piani di sviluppo territoriali per la valorizzazione delle risorse socioeconomiche con particolare riferimento all'agroalimentare di qualità e alla valorizzazione turistica dei siti archeologici, storici e ambientali di cui il paesaggio è una componente fondamentale.

Considerato che

I tre obiettivi imposti all’Italia dalla UE con il pacchetto per il clima e l’energia 2020, poi a cascata alla Sardegna tramite il burden sharing, sono stati raggiuti con largo anticipo ed ampiamente superati. Inoltre, considerata l’attuale incidenza di oltre il 40% di energia elettrica da FER sui consumi elettrici effettivi e gli indirizzi del PEARS in materia di contenimento energetico e produzione diffusa, sarebbe possibile conseguire in breve termine l’obiettivo della parity green rispetto all’attuale consumo elettrico regionale.

Considerato che

La Giunta Regionale con Delibera n. 5/1 del 28/01/2016 ha adottato il nuovo Piano Energetico ed Ambientale della Regione Sardegna 2015-2030 che tra gli altri obiettivi promuove l’autoconsumo istantaneo fissando nella percentuale del 50% il limite inferiore di autoconsumo istantaneo nel distretto per la pianificazione di nuove infrastrutture di generazione di energia elettrica. Viene esclusa la possibilità di realizzare impianti di produzione energetica di grandi dimensioni proprio per favorire la produzione diffusa. In sintesi, si intende porre fine in tal modo alla speculazione energetica sul suolo sardo da parte delle multinazionali ed incentivare l’autoconsumo.

Rilevata

La necessità di una completa e approfondita pianificazione che coinvolga le comunità locali per la definizione nell'ambito della programmazione territoriale di distretti energetici per l'accumulo e la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili impostata sui consumi storici territoriali, nelle more della approvazione delle norme nazionali che per la individuazione delle aree idonee e non idonee.

Tutto ciò premesso

Il Consiglio Regionale approva la seguente legge

Articolo 1.

L’allegato A esplicita le finalità del presente atto deliberativo e ne costituisce parte integrante.

Articolo 2.

Nelle more dell'individuazione delle aree e dei siti idonei e inidonei all'installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili, così come previsto dal decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti Rinnovabili) e dell’approvazione di un Piano Energetico Ambientale Regionale da predisporre con il pieno coinvolgimento delle comunità e degli enti e autonomie locali della Sardegna, sono sospesi tutti i procedimenti autorizzativi attualmente in corso per qualsiasi tipo di impianto e infrastruttura per la produzione e lo stoccaggio di energia elettrica da fonti rinnovabili (FER) e di tutti gli impianti e infrastrutture per lo stoccaggio, la distribuzione e la produzione di energia elettrica da fonti fossili, e per la realizzazione di reti di trasmissione, inclusi cavi terrestri e sottomarini. Sono esclusi i procedimenti relativi alle comunità energetiche, agli agrisolari, agli impianti per autoconsumo, scambio sul posto e agli impianti di produzione da FER la cui potenza complessiva sia inferiore a 1MW, ovvero per gli aerogeneratori la cui potenza singola sia inferiore a 250 kW e la potenza complessiva dell’impianto eolico inferiore a 1 MW, per gli impianti fotovoltaici di potenza fino a 1 MW e comunque, nel caso di superficie agricola, per una quota complessiva inferiore al 5% del totale.

La moratoria si rende necessaria affinché i progetti in itinere si adeguino alla legge che la Regione Sardegna dovrà predisporre entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale in itinere in relazione alle aree idonee e non idonee per l’installazione degli impianti FER nei limiti della potenza massima consentiti dal citato decreto ministeriale e/o calcolati sulla base del piano energetico regionale sardo.

Articolo 3.

Il Consiglio Regionale è tenuto comunque ad approvare entro il 31 dicembre del corrente anno apposita legge per l’individuazione delle aree, delle superfici e dei siti idonei e inidonei all'installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili, così come previsto dal decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti Rinnovabili), e all’istituzione di un Osservatorio con l’obiettivo di vigilare e supportare le amministrazioni comunali nell’espletamento delle pratiche e nel raggiungimento degli obiettivi.

Articolo 4.

La Giunta regionale è tenuta a dare avvio al procedimento per l’elaborazione del nuovo Piano Energetico Ambientale Regionale e lo strumento di pianificazione di cui al comma 1, ai sensi del decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti Rinnovabili) entro il 30 novembre del corrente anno.

2 Allegato I

[…]

17 Costruzione di elettrodotti aerei con voltaggio pari o superiore a 220kV e lunghezza superiore a 15km.

20 20 Ogni attività non contemplata nei paragrafi 1-19 per la quale è prevista la partecipazione del pubblico a una procedura di valutazione dell'impatto ambientale a norma della legislazione nazionale.

[…]

© RIPRODUZIONE RISERVATA