Con sa Domo de Totus lo sguardo di Sara Reginella
I venti di guerra si alzano sempre più alti e la vecchia Europa che aveva giurato di non dare mai più spazio alla guerra, oggi esprime leader che paventano tranquillamente una possibile conflitto con la Federazione Russa, il che vorrebbe immediatamente dire una guerra mondiale.
Ultimo in ordine di tempo, Charles Michel, ha pubblicato un editoriale su diverse testate europee che riporta il noto detto latino “si vis pacem, para bellum” (se vuoi la pace, prepara la guerra”), invitando le opinioni pubbliche europee a passare alla modalità «economia di guerra».
Nello Spazio Atelier Poesia Popolare di Sassari, sabato scorso l’associazione politica, culturale e mutualistica Sa Domo de Totus, ha incontrato la psicologa e documentrista Sara Reginella, che dal 2015 ha seguito in maniera diretta, recandosi personalmente in territori di guerra, il conflitto in Donbass, realizzando diversi progetti tra cui “Le stagioni del Donbass” e “Start Up a War. Psicologia di un conflitto”.
In una gremita sala conferenze, Reginella ha presentato il suo ultimo libro “Donbass. La Guerra Fantasma nel Cuore d’Europa”, dialogando Maria Antonietta Scanu, Leandro Cossu e Cristiano Sabino, esponenti dell’associazione turritana.
L’attuale guerra in Ucraina che rischia sempre di più di essere una delle basi di una escalation bellica generale (o se preferiamo, mondiale), ha infatti origine dalla guerra civile scoppiata nel 2014 in Donbass, al confine tra Russia e Ucraina. Per lunghi anni questa guerra è stata censurata. Lo è stata fino all’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Quindi, quando l’opinione pubblica europea e mondiale ha puntato i riflettori sull’invasione dell’Ucraina, come se prima non fosse accaduto nulla.
Sara Reginella racconta questa «guerra fantasma» con la crudezza e le immagini della cronaca, con l’«amore per la realtà» e attraverso le testimonianze della resistenza dei popoli del Donbass agli attacchi dei movimenti neonazisti. Un libro che nasce dunque da una terribile esperienza di guerra, ma che punta lo sguardo alla ricerca della bellezza e dell’arte anche nella più cruda realtà bellica, perché – come recita uno dei passi del libro - l’arte crea «una realtà che la guerra non può uccidere».
Una parte copiosa del libro e del dibattito è riservato all’informazione controllata e manipolata nei paesi presuntamente democratici. Dopo l’introduzione storica di Cristiano Sabino sulle premesse della guerra, a partire dal crollo dell’URSS e dalla continua avanzata ad est della NATO, con le domande di Maria Antonietta Scanu e Leandro Cossu si è entrati nel cuore del libro. Ad essere analazzati da vicino sono stati i numerosi aspetti politici, etici, esperienzali, psicologici e morali del libro di Reginella.
Gli interventi sono stati accompagnati dalle toccanti letture del libro, interpretato dalla voce di Roberta Campagna .
Tanto materiale su cui riflettere, ma ciò che senza dubbio ha catturato l’attenzione dei presenti è l’umanità incontrata e ascoltata in quei territori martoriati e ignorati a cui l’autrice ha dato spazio, in modo se non da convincerci, almeno da spingerci a chiedere a noi stessi che cosa c’è dietro ciò che l’informazione mainstream etichetta come “terrorista” o “partigiano” relativamente ad uno scontro che l’occidente ha largamente fomentato e manipolato a suo uso e consumo.
Il racconto di Sara Reginella, nel libro come nell’incontro organizzato da Sa Domo, è sospeso tra la cruda realtà della guerra e una dimensione onirica, senza però mai cedere al distacco dalla realtà. L’effetto è quello di una realtà vissuta in una sorta di dormiveglia in cui il riposo è impossibile da conquistare perché intervallato da immagini della devastazione bellica. Quelle stesse immagini raccolte nei viaggi dell’autrice, le medesime immagini che scorrono continuamente davanti ai suoi e ai nostri occhi.
Nel leggere è impossibile mantenere emotivamente la distanza e non commuoversi per le “milizie atipiche” fatte da donne che mai avevano visto da vicino un’arma e che ora invece «con la stessa naturalezza con cui cantavano, le donne del Donbass imbracciavano fucili come fossero chitarre. E lo facevano con la calma e la determinazione tipica delle slave»; impossibile non chiedersi dove sia il Maestro che osserva e dipinge il passaggio di ciascuna e ciascuno nelle proprie città, mentre corriamo verso il nulla, alienati e invisibili come dei fantasmi; o, ancora, impossibile trattenere le lacrime mentre la giovanissima Iana dice a Sara: «con la guerra la mia vita è cambiata completamente e anche l’anima è cambiata […]. Quando cambia l’anima significa che sei in grado di sentire in modo più forte il dolore degli altri… E cerchi di fare di tutto per alleviarlo».
Una testimonianza necessaria, che non va ignorata e a cui infatti la comunità sollecitata da Sa Domo ha risposto con grande partecipazione, attenzione e cura.
(articolo libramente tratto dall’incontro del 23 marzo e dalla recensione di Maria Antonietta Scanu e pubblicata nel suo blog