All’interno del ‘ventre di Foghesu’ con Danilo Carta. “Portiamo la magica arte della ceramica fuori dai nostri laboratori”

10 Settembre 2010
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Il viaggio di Formas continua. Questa settimana ilMinuto fa tappa a Perdasdefogu, in Ogliastra, nel laboratorio Askòs Foghesu di Danilo Carta, fra i principali esponenti della nuova generazione di ceramisti sardi. Nelle produzioni dell’artigiano ogliastrino “l’amore per la creazione” abbraccia i quattro elementi e dà forma ad oggetti di incredibile bellezza.

Nelle creazioni di Danilo Carta predomina la tradizione sull’innovazione o l’innovazione sulla tradizione?

Decisamente l’innovazione sulla tradizione, anche perché è difficile dire quale sia la tradizione della ceramica sarda e se esista una vera tradizione se non quella delle brocche per acqua decorate con un spruzzo di ossido di rame e leggermente invetriate con fritte trasparenti (ndr, massa vetrosa, ottenuta dalla fusione delle componenti principali del vetro). Nello specifico, le influenze della tradizione sarda nel mio lavoro creativo hanno una rilevanza decisamente marginale.

Ieri e oggi. Come sono cambiate le tecniche di lavorazione della ceramica? Qual è la molla che spinge la sua arte a rinnovarsi?

In questi primi anni di esperienza la mia opera ha cambiato continuamente linguaggio espressivo. La mia passione creativa è data da una spinta istintiva e irrazionale che emerge dal mio spirito ludico, sempre poco propenso a prendersi sul serio.
Nella ceramica tutto cambia continuamente. Ma in sé è comunque un continuo rivisitare forme e tecniche che risultano essere nella storia di questi millenni già ampiamente percorse, basti pensare alla ricchezza delle forme e delle tecniche dei vasai Greci ed Etruschi. Nello specifico, la mia produzione si rinnova anche grazie al continuo interscambio professionale con artisti di tutto il mondo.

Che rapporto ha con il tornio?

Il mio rapporto con il tornio è molto recente. Ho iniziato a modellare i miei primi vasi solo a gennaio di quest’anno con risultati che soddisfano la mia aspettativa di qualità. Ho cercato di affrontare le differenti forme della tradizione vasaia internazionale e sperimentato nuove forme alla ricerca di un’armonia che non è facile da raggiungere. Nello specifico amo rifinire le mie creazioni a crudo utilizzando l’antica tecnica della brugnitura. Tecnica che consiste nel rendere il vaso in argilla (con l’ausilio di svariati utensili, quando si trova ancora in uno stato di durezza detta “cuoio”) liscio sino a farlo diventare a specchio. Questa tecnica permette di conferire al vaso, una volta cotto, un effetto particolarmente vellutato e morbido al tatto, con la semplice aggiunta di un po’ di cera d’api.

Danilo Carta aiuta la creta a partorire o conferisce forma alla creta?

Le forme sono dentro la materia e a me sta solo aiutarle ad emergere.

Quali sono i suoi maestri?

I miei maestri sono veramente tanti e sarebbe fare un torto a qualcuno elencarne i nomi. Per avere un’idea del mio percorso formativo basta dire che ho partecipato a due Simposi internazionali di ceramica artistica a Cuba, con un totale di ottanta partecipanti, tra cui artisti con esperienze trentennali. Ho anche organizzato un Simposio a Perdasdefogu nel 2006, che ha visto partecipare quindici maestri ceramisti di comprovata qualità, provenienti da tutto il mondo. Le opere, realizzate durante i quindici giorni di lavori, sono esposte permanentemente nel Museo Internazionale di Ceramica di Perdasdefogu.

Perdasdefogu e l’artigianato: quali i legami?

Nel campo della ceramica a Perdasdefogu non vi è mai stata nessuna produzione, fatta salva una breve produzione di tegole cotte a bassa temperatura. Per l’artigianato in generale, la comunità foghesina ha avuto nel passato e ha tuttora diversi artigiani di buona qualità, che si esprimono nella lavorazione del legno e dei metalli.

Il suo laboratorio si chiama Askòs Foghesu. Perché?

Foghesu è il nome sardo di Perdasdefogu. I primi vasi della storia vengono chiamati dagli archeologi Askòs che in greco significa ventre. Questo perché i primi vasai modellavano le loro creazioni ispirandosi all’otre degli animali che venivano utilizzati comunemente per contenere piccole quantità di liquidi. Pertanto Askòs Foghesu simboleggia il “Ventre di Foghesu” come luogo fecondo dell’invenzione e della creazione felice. Per me Askòs Foghesu è un posto magico.

Quale opportunità di lavoro ha oggi un operatore del settore nella nostra Isola?

Le potenzialità sono enormi, tutto sta alla capacità dell’artigiano di inserirsi in quella nicchie di mercato che l’industria per sua natura non può soddisfare.

Quali sono i consigli di Danilo Carta a chi vuole iniziare quest’attività?

Il consiglio è di credere fortemente nel proprio lavoro e di uscire dai propri laboratori, dando così visibilità a questa magica arte.

Ci racconta la mostra romana “Pezzi rubati” di cui parla nel suo sito?

Niente di che. E’ un modo per esorcizzare lo spiacevole furto di tutta la mia produzione che andavo distribuendo in alcune gallerie della capitale. Diciamo che ho preferito ironizzare sullo spiacevole inconveniente dicendomi: ma allora sto diventando bravo se i miei pezzi vanno a ruba!

E le sue produzioni ottengono riconoscimenti internazionali. Nel 2007 è stato nominato invitato permanente ai Simposi Internazionali di Ceramica artistica a Cuba. Che cosa significa per lei questo riconoscimento e cosa ha provato quando lo ha ricevuto?

Una bella sensazione, certamente gratificante nonostante non avessi le qualità e le conoscenze tecniche per meritarlo. Questo riconoscimento mi ha stimolato nel continuare a studiare e sperimentare l’infinito mondo della ceramica. Anche se poi, da allora, non ho più potuto partecipare alle successive edizioni per impegni di lavoro, fortunatamente.

Con lei l’arte della ceramica sarda è entrata nelle scuole dell’Ogliastra ed è stata presentata a 100 allievi da tutto il mondo. Quale bilancio può fare di questi anni di insegnamento, un’esperienza che ha coinvolto anche i bambini della scuola materna?

Quella della docenza è in assoluto la mia più grande soddisfazione di questi anni. Nulla è più appagante di vedere la gioia negli occhi delle persone che realizzano le loro prime opere. Siano essi bambini delle scuole materne, elementari e medie o gli allievi dei corsi per adulti, ma anche gli stranieri a cui ho avuto modo di insegnare in questi anni con il lavoro al Villaggio Saraceno di Arbatax o con i “Clims” (Comité de Liason des Organisems Militaires Sociaux, ndt) che da cinque anni organizzano una quindici giorni di campo scuola vacanza qui a Perdasdefogu. Fare ceramica è un atto creativo pieno di gioia che arricchisce tutti, è un’attività rilassante e terapeutica, basti pensare all’autostima che matura negli allievi di qualsiasi età quando vedono concretizzata la loro creazione. Il mio più grande sogno è quello che uno dei miei tanti allievi diventi un giorno un artista riconosciuto. Dico artista, ossia una persona che pensa un mese e crea un giorno. Non un artigiano che pensa per un giorno e suda per tutto un mese.

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Progetu fattu cun sa partecipatzioni de sa Regioni Autónoma de sa Sardigna – L.R. 26/9 po sa língua e cultura sarda

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