Mancozeb e altri pesticidi: così l’Europa avvelena l’Africa

Cresce l'export Ue delle sostanze vietate: da Roma denuncia-appello delle Conferenze episcopali del Secam e delle organizzazioni della società civile della rete Cidse
30 Làmpadas 2025
pesticidi

“Con lo spray, il mancozeb finisce nei pomodori e sui banchi del mercato”, denuncia Medius Bihunirwa. Parla di un fungicida a base di manganese e zinco che l’Unione Europea ha messo al bando nel 2021, ma che continua a esportare in Africa. Anche in Uganda, il Paese natale di Bihunirwa, responsabile dei programmi di Pelum Association, una rete di 357 organizzazioni in 14 Paesi a sud del Sahara che calcola di rappresentare 12 milioni di contadini.

Un veleno tra tanti

Il mancozeb è un veleno tra tanti. Altri si chiamano glifosato, aldicarb, dichlorvos, atrazina o chlorfenvinphos. Sono tutti pesticidi classificati nell’Unione Europea come “ad alto rischio”. In quattro casi su cinque sono vietati per l’uso nel territorio dell’Ue; nell’altro, sono sottoposti agli obblighi della Convenzione di Rotterdam, che per le sostanze nocive impone comunque una serie di vincoli. Forse è un paradosso. Di sicuro, un viaggio circolare dove a guadagnare sono le multinazionali, mentre a pagare il conto sono i cittadini dei Paesi meno tutelati: quelli africani. Parliamo di pesticidi vietati in Europa che l’Ue però esporta in Africa. I risultati sono fiumi avvelenati e rischi per la salute degli esseri umani, in particolare di donne e bambini. E alla fine il cerchio si chiude: i prodotti agricoli africani tornano in Europa, dove capita che siano respinti perché recanti tracce di quelle stesse sostanze che l’Ue vieta ma continua a esportare.

L’iniziativa alla vigilia della conferenza dei ministri euro-africana

Se ne parla, di questo paradosso, durante un incontro promosso a Roma dal Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam/Sceam) insieme con la rete europea e nordamericana Coopération Internationale pour le Développement et la Solidarité (Cidse) e con Focsiv, la Federazione degli organismi di volontariato di ispirazione cristiana. “Pesticidi vietati nell’Unione Europea continuano a essere prodotti ed esportati in Africa e in altri luoghi del mondo”, denuncia Bihunirwa in un’intervista con l’agenzia Dire. “Sono più di 200 quelli proibiti e che si producono ancora, nonostante ci siano molte prove del loro impatto sulla salute umana, sull’ambiente, sui corpi delle persone e sul cibo”. L’attivista fa riferimento al suo Paese d’origine. “In Uganda”, riferisce, “sono stati realizzati studi che hanno permesso di trovare tracce di 12 o 13 pesticidi differenti nei fiumi, compresi cinque con concentrazioni di veleni particolarmente alte”. Secondo Bihunirwa, “non è etico proteggere solo i cittadini europei e non preoccuparsi degli esseri umani che vivono altrove”. Da qui un appello, proprio alla vigilia della Sesta conferenza dei ministri dell’Agricoltura dell’Ue e dell’Unione Africana: “All’Europa chiediamo di vietare i pesticidi tossici, perché quello che è tossico per gli europei lo è anche per gli asiatici, gli africani o i latino-americani; i nostri corpi sono gli stessi, siamo tutti vulnerabili allo stesso modo”.

Doppi standard

A denunciare i “doppi standard” è anche monsignor Bernard de Clairvaux Toha Wontacien, vescovo di Djougou, in Benin. “Le risorse naturali dell’Africa e anche le sue sementi”, sottolinea il presule aprendo l’incontro, “sono considerate come commodities da sfruttare per il profitto e non come un dono”. Il riferimento, che torna più volte, è all’enciclica di papa Francesco ‘Laudato si”. “Dobbiamo ascoltare le difficoltà dei poveri e della Terra”, sottolinea monsignor Toha. “Basta con i doppi standard, con le multinazionali dell’Europa che esportano sostanze vietate nel loro continente, avvelenando i contadini e i popoli dell’Africa”.

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